8 agosto 2012

Maremoto



È il giorno del tuo compleanno, e piove.
Più che piovere, sembra che tutte le forze dell’Universo si siano raccolte per scatenare l’inferno. Una violenta doccia gelata scesa dal cielo a lavare via il sudore di questi giorni.
Come quando oggi, sul ciglio dell’orto, mi hai chiesto senza preavviso: e l’amore come ti va?
Ho scosso la testa, ma il tuo sguardo mi ha fatto intendere che non era abbastanza. E non sapevo come levarmi dall’imbarazzo. Non trovavo altre parole. Ma proprio in quel silenzio ci siamo intese. In quella gola strozzata dall’emozione. Nello stomaco rappreso dalla paura di essere viste in tutta la nostra fragilità. Penso al plurale, mentre il sole è tornato a risplendere, senza più dominare da solo nell’azzurro, ma circondato da soffici figure accotonate nelle forme più strane: ho visto cammelli, foche, viandanti, aquiloni, visi sorridenti, visi pensierosi, visi distratti, visi e basta.
Nel cielo riesco a vedere tutto quello che mi va.
A volte prendo apposta la bicicletta per osservarlo mentre vado. Un giorno pedalando ho notato che il sole era d’un bianco pallido quasi anemico. E gli ho chiesto:sole, perché ? Dov’e’ finito il tuo smalto dei tempi d’oro? Perché hai cambiato colore così, senza motivo apparente?
Così si cresce, mamma, ho pensato. Si cresce quando inizi a parlare non più delle cose, ma alle cose.
E alle persone.
Perché tutti abbiamo un’anima da condividere. Storie da raccontare. Domande da eludere alzando lo sguardo fitto fitto verso il cielo.
È così che si sopravvive.
Siamo nate per amare o per sopravvivere?
Le tue braccia muscolose fanno pensare alla seconda.
Hai lottato per restare a galla mentre annaspavi in balìa della corrente. Il mare è sempre stato il nemico dei tuoi desideri. Tu amavi e ami la terra, le cose curate da te che portano beneficio, il frutto del seno tuo genuino, semplice, vero. Questo è l’amore che volevi. Sentire i piedi ben saldi sulla terra. Amarne i frutti ogni giorno.
E invece il destino ti ha gettato in un mondo sconosciuto. L’altamarea ove tutto è sommerso e non puoi mai fermarti, devi nuotare, remare o per lo meno galleggiare. Immagino il terrore della bimba che i genitori spingono in acqua per insegnarle a nuotare. E poi la rabbia di non riuscire ad uscirne.  La terraferma non era così distante, mamma. E poi col tempo hai imparato che si può navigare senza punti fermi, si può volare anche più in alto della propria immaginazione, e si può correre calpestando i piedi via lontano dalla terra, perché ce l’hai dentro quella terra, ed è lì che torni ogni volta a respirare pace.

Nessun commento:

Posta un commento